Basket, la storia di Drazen Petrovic

Il cestista croato era soprannominato il “Mozart” dei canestri

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differenze di prestazione tra giocatori alti e bassi

Basket, la storia di Drazen Petrovic. Ventinove anni fa, il 7 giugno 1993, morì in un incidente stradale il 28enne croato Drazen Petrovic, soprannominato “Mozart”, uno dei giocatori europei di basket più forti di tutti i tempi. Giocò sia in Europa che nella NBA ed è ricordato ancora oggi da molti appassionati di basket per la sue incredibili giocate, che erano un misto di grande tecnica ed eleganza. Molti esperti concordano nel dire che da allora non si è più visto un giocatore europeo così vincente e decisivo: nella sua carriera vinse 3 medaglie alle Olimpiadi, 2 ai Mondiali e 2 agli Europei; vinse anche un campionato jugoslavo, 2 Coppe delle Coppe e 2 Coppe dei Campioni, oltre a numerosi premi personali. Petrovic era nato il 22 ottobre del 1964 a Šibenik, nell’attuale Croazia (allora era ancora Jugoslavia). Dopo avere giocato diversi anni per la squadra locale, Petrovic si trasferì al Cibona Zagabria, con cui vinse diversi titoli nazionali ed europei e divenne molto famoso in tutto l’ambiente del basket mondiale. Nella stagione 1988/89 Petrovic si trasferì al Real Madrid, squadra con cui vinse una Coppa delle Coppe (competizione riservata alle squadre vincitrici delle coppe nazionali) contro la Snaidero Caserta. Nando Gentile, che era il giocatore più forte della squadra di Caserta, disse al sito Sportal.it: «Drazen era uno dei migliori in Europa, forse il migliore in assoluto. Nella notte di Atene segnò da solo 62 punti. La posta in palio era altissima, l’ambiente infuocato e lui commise un solo errore in tutta la partita».

Basket, la storia di Drazen Petrovic. Lo sbarco nella Nba

Petrovic arrivò nella NBA nella stagione 1989/90, ed esordì con i Portland Trail Blazers. In realtà i Blazers l’avevano già cercato nel 1984, quando aveva solo 19 anni. A causa di diverse restrizioni di viaggio imposte dalla Jugoslavia e di legami contrattuali piuttosto rigidi con le squadre europee in cui giocava, Petrovic non riuscì a trasferirsi negli Stati Uniti prima del 1989 (e comunque anche nell’anno del suo trasferimento ebbe diversi problemi a svincolarsi dal Real Madrid). Il suo primo anno in NBA non fu molto positivo: Petrovic, come molti altri giocatori europei di allora, era debole fisicamente e pagava molto la fisicità dei giocatori americani. Si trasferì nei New Jersey Nets nel gennaio 1991, dove riuscì a giocare di più e meglio. Nel giro di pochissimo tempo diventò uno dei migliori tiratori da fuori di tutta la NBA, in particolare dalla linea dei tre punti. A stagione finita, Petrovic tornò nel suo paese per guidare la Croazia, da poco diventata indipendente, alla conquista della medaglia di argento alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, quelle che passarono alla storia per la vittoria del “Dream Team”, la nazionale statunitense di basket considerata la squadra più forte di tutti i tempi in tutti gli sport (per capirci, in quella squadra giocavano Larry Bird, Magic Johnson, Michael Jordan, Patrick Ewing, Karl Malone e John Stockton). Contro il “Dream Team”, Petrovic fu il migliore della sua squadra, e tra le altre cose riuscì a segnare 11 punti consecutivi, di cui gli ultimi 6 con due tiri da tre piuttosto azzardati.

Basket, la storia di Drazen Petrovic. La fine e l’inizio della leggenda

Quando iniziò la stagione 1992/93, Petrovic era ancora un giocatore dei Nets: fu la sua migliore annata, anche se durante i playoff dichiarò di non essere soddisfatto della gestione societaria a New Jersey, e di volersi trasferire nel campionato greco. Quella fu comunque la sua ultima stagione: dopo essere andato in Polonia per affrontare il girone di qualificazione degli Europei con la nazionale croata, Petrovic morì a causa di un incidente contro un tir, durante un viaggio in macchina con la sua fidanzata Klara Szalantzy (che era alla guida) mentre era diretto a Monaco di Baviera. Sono le 17:20, quando l’orologio di Drazen Petrovic smette di funzionare. Il cestista è volato fuori dall’auto e ha perso la vita sull’impatto. Finisce la vita, comincia il mito di un giocatore la cui memoria viene tramandata di generazione in generazione.