F1 il ritiro di Sebastian Vettel

Seb dice addio dopo il biennio in Aston Martin. Danke Meister.

Tempo di lettura: 6 Minuti
1000
F1 il ritiro di Sebastian Vettel
F1 il ritiro di Sebastian Vettel

F1 il ritiro di Sebastian Vettel. Quel giorno estivo del 2017, con l’asse del volante piegato a sinistra per quasi tutta la gara, dominando, giro dopo giro davanti lo scudiero Raikkonen, Seb portava a casa la sua vittoria più memorabile in rosso, in Ungheria, esibendosi in quella che fu una prestazione stoica. Ci sono la Malesia e Singapore, la prima e l’ultima; c’è il trionfo di Silverstone, quello in Australia, quello a Spa, quello a Interlagos: negli anni di magra in Ferrari questo tedesco atipico ci ha regalato giorni di gioia, e giorni di pianto. Come dimenticare Singapore 2017 – quando Max volò sulle due Ferrari in partenza – o Hockenheim 2018, dove le speranze mondiali scivolarono sul bagnato per fermarsi nella ghiaia. Sebastian Vettel è stato il bello e il cattivo tempo, la vittoria come la sconfitta, un amore come un avversario; sicuramente è un cuore ferrarista. “Everybody is a Ferrari fan, you Mercedes fan are really a Ferrari fan”, “Tutti sono tifosi della Ferrari, sei un fan della Mercedes ma in realtà sei un tifoso della Ferrari”: disse in una delle sue interviste più iconiche. Una vita fa, in occasione del GP del Brasile 2012, non posso non ricordare le reazioni dei miei parenti alla rimonta furibonda di Seb, che tramortiva Alonso ad un palmo di mano dal trionfo: “Quel dito, ficcalo nel…”. Passano due anni e il mondo si capovolge, quando è annunciato dalla Ferrari per il 2015: “Il migliore, ci farà tornare a vincere, è quello che serviva alla Ferrari in questo momento”. A dimostrazione di quanto possa essere effimera la questione del tifo, al momento in cui vedi arrivare il nemico eleggendolo untore, soprattutto se è il più forte. Bastano poche settimane per fare di Seb l’idolo delle folle: “Tifosi della Rossa … la Ferrari dopo 676 torna a vincere in Formula 1, con Sebastian Vettel”, così Carlo Vanzini sprigionava la sua voce sotto il caldo tropicale di Kuala Lumpur, quando in Italia era la domenica delle Palme e le campane – non solo per il Signore – suonavano a festa. Come Schumi, Seb è un tedesco italianizzato, che ha abbracciato in un sol colpo la nostra cultura rimanendone folgorato. Il parallelismo però, purtroppo, finisce qui: a Sebastian è mancato il titolo che l’avrebbe fatto santo.

F1 il ritiro di Sebastian Vettel, vittorie e sconfitte

Nel 2007 un giovane biondo, che sembra quasi il ragazzo dei Kinder, esordisce in BMW Sauber su benedizione di Michael. Nel 2022 si ritira con baffo alla Hulk Hogan, capello lungo e l’aria stanca di chi si è spremuto per ciò che ha conquistato. Oggi Seb è diverso: ai 35 anni ha una carica speciale, saggia, che nemmeno Hamilton – più grande di lui – riuscirà ad eguagliare. In mezzo a questi confini temporali è stato vincitore e vinto: 4 Mondiali, 53 vittorie, 122 podi, 3500 punti, 67 pole position, 43 giri veloci; ma anche tre volte secondo, una da bambino (nel 2009) e due in Ferrari. Il record di vincitore più giovane del Mondiale non gliel’ha tolto neanche Verstappen; e comunque, disgraziato Petrov! A scandire il ritmo delle sue conquiste ci sono grandi rivalità: quella con Webber, il primo a percepire la pasta del campione futuro; lo scontro con Alonso, colui che più degli altri ha pagato l’epoca in cui ha corso; quella con Ricciardo, che lo allontanava man mano dall’idillio di casa Red Bull; poi Hamilton, l’unico che può fregiarsi del vanto di averlo sconfitto e superato; e infine Leclerc, che convinse i vertici Ferrari a tagliare il confine tra presente e passato. Sentendo oggi queste voci, c’è un unico comune denominatore, l’intervistato di turno dirà: “Sebastian è stato il più grande pilota contro cui ho corso, il rivale più tosto da battere”. Ma anche il più leale, il meno scorretto; insomma, un pilota purosangue. Noi tifosi della Rossa nemmeno percepiamo la bordata a Hamilton (Baku ’17) come scorrettezza, continueremo a considerare insolente la gestione della ripartenza dopo Safety Car del suddetto. In quel momento l’obiettivo Mondiale pareva acceso, vivo. Ma non è arrivato, neanche l’anno successivo. Non importa, a noi Seb è piaciuto così, italo-tedesco e ferrarista, sempre con la squadra anche quando il principino Leclerc iniziava a farsi ingombrante. Infatti, non a caso, la sua prima vittoria arriva con una squadra italiana, a Monza, nel 2008, eleggendolo a più giovane della storia: in un weekend bagnato e nebbioso, dalla coltre che alzano le monoposto esce vittorioso un pilota dall’aspetto puerile, che siede in sella alla Toro Rosso. L’inizio della sua epopea arriva nel tempio del Motorsport: è simbolico – nonostante la militanza in Rosso – che Seb consideri l’Italia terra d’adozione. Il legame nasce da lontano, è insito nel suo approccio ai motori, come per buona parte dei piloti che amiamo.

F1 il ritiro di Sebastian Vettel, il futuro

Stiamo arrivando alla conclusione di un’era, quella post-Schumi: i vari Button, Webber, Massa, Raikkonen, Rosberg si sono ritirati. Quest’anno insieme a Seb abbandona – forse – anche Ricciardo. Rimangono in pista solo Lewis e Fernando, 78 anni in due ma nessuna voglia di venire ai gran premi con jeans e polo. Si avvia al tramonto la più grande serie di talenti che la F1 abbia mai visto; nel 2012 al via c’erano sei Campioni del Mondo: Seb, Alonso, Kimi, Button, Schumi e Hamilton. Un Pantheon senza precedenti, che rispecchia tutto il bello della Formula 1 anni 2000, quella generazione cresciuta sui v10 e arrivata ai v6. Anche se l’opinione di – quasi – tutti questi predilige la meccanica degli inizi, la più potente serie di macchine mai realizzata per la categoria, il tempo è andato avanti, costringendoci ad abituarci alla politica “verde”. Se c’è un tradizionalista dell’auto che al tempo stesso è progressista della società, quello è Vettel: spesso ha ricordato, con un filo di nostalgia, quanto fossero divertenti le prime F1 che aveva tra le mani – elettroniche sì, ma ancora lontane anni luce dall’iper-tecnologismo moderno – suggerendo di tornare al passato: “Bring back the fuc… V12”, “Ridatemi il V12”, esclamava in radio a Sochi nel 2019. Ciò non gli ha impedito di diventare un baluardo delle nuove lotte, del nuovo costume moderno: la battaglia alle discriminazioni, quella per l’ambiente; “Anche se girare in tondo con le macchine è la cosa che amiamo di più, credo che nella vita ci siano cose ben più importanti”. Da oggi, probabilmente, si occuperà di quelle. Anche se, come ha scherzato Lewis: “Seb, tornerai come Fernando…”. Tanti non volevano neanche si ritirasse, come dimostrano le lacrime della Masolin e la commozione della squadra Sky, la quale aveva instaurato un rapporto umano – oltre che professionale – con il campione tedesco. In realtà, quella dimensione, Sebastian la ha in tutti i nostri cuori, grazie alla sua figura e al suo stile. La cosa più bella oltre la vittoria sono stati i suoi team radio. Quindi mi piace immaginare che ad un: “Danke, Meister” egli possa rispondermi: “Grazie Ragazzi, e forza Ferrari”.