La Nazionale e Mancini, un binomio mutato. La metamorfosi è palese

Niente più palla a terra, si torna alla vecchia maniera. La decide un colpo del singolo

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La Nazionale e il suo commissario tecnico Roberto Mancini, un binomio destinato a durare? E’ questo che c’è da chiedersi, inutile illudersi per la vittoria di Pirro ottenuta contro la pericolante Inghilterra (in cinque turni di Nations League non ha vinto neanche una volta) del suo sempre più traballante commissario tecnico Gareth Southgate. E’ stata la prima notte il cui i Tre Leoni hanno cantato “God save the King”, per una notte il re è stato il napoletano Raspadori, autore della prodezza che ha consentito agli azzurri di vincere la partita. Una vittoria paradossale leggendo i numeri del match, in cui l’Inghilterra è stata superiore all’Italia in: tiri totali, tiri in porta, possesso palla, passaggi e nella precisione dei passaggi. La classica vittoria all’italiana: palla lanciata in aria verso un compagno, auspicando un guizzo individuale che conduca alla rete. Come è stato letteralmente.

La Nazionale e Mancini, binomio intatto ma con idee stravolte

Il commissario tecnico marchigiano era partito a guidare la Nazionale di calcio con dei principi nuovi e buoni propositi, ma col tempo – già durante gli Europei – tutto si è affievolito ed è cambiato radicalmente, basandosi con dei calciatori discutibili. Si gioca ancora con Bonucci e la dice lunga perché siamo fuori da due mondiali consecutivi e nei due precedenti siamo usciti ai gironi. Pensiamo che Barella e Immobile siano dei fuoriclassi, il primo resta solo un buon interditore con piedi non morbidi. Il secondo perché ancora è convocato? Scamacca lo supera anni luce: fa reparto da solo, sa giocare di sponda e segue con intelligenza l’evolversi del gioco, quando e come infastidire gli avversari. Tutto ciò di cui è sprovvisto Immobile. Mai lo è stato prima, figuriamoci ora a 32 anni. Lunedì ci si gioca il primato del girone a Budapest, se non torna Immobile titolare ci sono buone chances.