Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto

Nazionale, Champions, Scudetto e un Mondiale triste: Raspadori a tutto tondo sul Corriere dello Sport

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Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto
Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto

Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto. Questo ragazzo vive da un paio d’anni il suo personalissimo idillio: prima è stato giovanissimo capitano del “suo” Sassuolo, poi la convocazione a sorpresa di Mancini per lo scorso Europeo (“Qualcosa di inimmaginabile”), infine lo sbarco a Napoli dove si sta imponendo sotto la benedizione di Spalletti. Il tutto inserito tra un esame di scienze motorie e la reticenza a guardare questo Mondiale, triste come mai. “La ferita del Mondiale è ancora aperta, non si è rimarginata … mentre vedevo le partite degli altri, la sofferenza l’avvertivo”. E sa bene che, in vista del prossimo ciclo di tornei, il CT dovrà ridisegnare – soprattutto in attacco – una squadra che sale di età media: “Immobile continua a segnare… ma le ragioni anagrafiche non vanno ignorate. C’è una nuova generazione che deve dare risposte, il futuro è nelle nostre mani”. E ovviamente un ragazzo di 22 anni ha la licenza di sognare, senza voli pindarici: “Mi hanno insegnato a restare equilibrato, ma a quest’età è legittimo lasciarsi andare un attimo, con moderazione”. Soprattutto perché, questa sua parabola, è ancora in fase ascendente: “Ho già ricevuto tanto dalla mia vita … l’educazione ricevuta rappresenta un bene per me … e calcisticamente mi è andata di lusso, sono al Napoli!”. Il suo percorso non è frettoloso o monco, è figlio di una precocità anche sul piano caratteriale, stridente con la sua figura minuta: “Io ci ho messo la passione, gli altri il rischio” (De Zerbi e Spalletti ndr). Quando si è presentata l’opportunità non ha esitato un attimo a sbarcare nel golfo: “Una mia scelta precisa, sollecitato da Spalletti e Giuntoli … mi misero in mezzo, ero felicemente frastornato dalle loro parole, coglievo la fiducia”.

Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto, il Napoli e un sogno

A Napoli si è trovato subito, scoprendo un grande gruppo (“Sembra quello di Mancini all’Europeo!”) e lavorando giorno dopo giorno sotto il fischietto attento del colonnello Luciano. Di fianco a compagni affermati e cari – Osimhen – o esplosi e costosi – Kvara – si sente al posto giusto: “Non mi spaventa la cifra spesa dal Napoli per portarmi qui (30 mln ndr). Anzi, quasi quasi le dico che sono orgoglioso”. Ha ragione, è una cifra giusta per le dinamiche attuali, alimentata anche dalla sua polifunzionalità sul fronte d’attacco: “Nasco centravanti ma mi vedo anche alle spalle di un’attaccante … L’evoluzione del calcio è repentina, io sto qua per imparare e ho voglia”. Ma chi ha detto che non si possa imparare vincendo? D’altronde per affondare il Napoli servirebbe una flotta: “Non è un’ossessione. È l’obiettivo per il quale lavoriamo, ma senza stress. Per conquistarlo servirà l’impegno dei primi tre mesi e la capacità di dimostrare che l’abbiamo meritato”. Tre mesi iniziali che hanno lanciato il Napoli su tutti i fronti, ma Jack è parco: “Per questioni così grosse si vive alla giornata. Siamo arrivati agli ottavi con risultati straordinari. Non c’è niente meglio della Champions – a parte la Nazionale – ed esserne protagonista mi stava realizzando”. Se si guarda alle inseguitrici per il tricolore, è una quella da tenere d’occhio, a parte l’Inter che tifava da bambino: “Il Milan è in grado di farci paura, e la Juve sta tornando … però noi abbiamo otto punti di vantaggio”. Dovrà sfruttare le occasioni che avrà, come ha già fatto prima della sosta. In questo trova un parallelismo tra lui e Alvarez, compagni di Osi e Haaland: “È la dura legge dei grandi club, va in campo chi merita. È la sana concorrenza, uno dei segreti per migliorarsi”.

Napoli Raspadori e l’obiettivo Scudetto, il Mondiale e il destino

Il suo idolo è il Kun Aguero – “Mi colpiva la puntuale capacità nell’essere decisivo, mai un gol inutile” – ma è certo che il prossimo decennio sarà dominato da attaccanti con struttura diversa: Haaland, Osimhen e Mbappé. Lui è più simile allo stesso Aguero, ad Alvarez, forgiato così dai suoi tre allenatori: “Devo ad ognuno di loro qualcosa. Non posso che essere grato per questa stima così tangibile”. Il suo idolo è argentino, Napoli l’ha adottato, dunque non può dirsi che felice per l’Albiceleste: “La Francia vivrà nell’incubo per un po’ … il titolo è andato a chi lo meritava di più, che si è imposto con quel meraviglioso fuoriclasse che è Messi”. Come molti, pensa che il trionfo sia “l’atto di giustizia” alla storia di Leo: “Sarebbe stata un’ingiustizia se nella sua carriera non ci fosse stato il Mondiale … Siamo venuti su nel mito di Leo e stavolta la sorte ha riparato ad un errore”. Ma alla domanda “Messi o Diego?” già influisce la sua breve vita partenopea: “Diego è stato il Genio e comunque se stai a Napoli ti rendi conto di cosa abbia significato Maradona per questa città”. Il colpo di fulmine con l’azzurro borbonico è scattato durante quelle due settimane fantastiche che l’hanno catapultato sotto i riflettori: “Il gol decisivo allo Spezia, poi a Glasgow, due reti di fila in Nazionale e la partita alla Cruijff Arena, dove ho segnato di testa, contro natura: è il mio gol più bello”. Tutto secondo una fatale sceneggiatura: “Il destino mi ha voluto a Napoli ed io non posso che esserne fiero. Mi impressiona sostanzialmente la natura stessa di un club che ha sempre avuto una filosofia diretta con lo spettacolo. Sa che mi ci vedevo dentro questa squadra?”.