Serie B e nomi Mondiali

Dall’Olympiastadion alla Serie B: quattro campioni alla prova della provincia

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Serie B e nomi Mondiali
Serie B e nomi Mondiali

Serie B e nomi Mondiali. Cosa accomuna Ferrara, Frosinone, Benevento e Reggio Calabria a Berlino? Poco in realtà, ma da qualche giorno in questa Serie B abbiamo un quartetto che di Berlino se ne intende. Ricordano una certa partita del 2006, quella contro la Germania a Dortmund. La lezione ai tedeschi, i supplementari, il gol di Grosso. Un ricordo indelebile e inscalfibile cui seguì la consacrazione della vittoria proprio nella città dell’orso. Ancora più speciale avendo battuto i tedeschi in casa. Come ben sappiamo c’è un ambito in cui tra italici e teutonici non si va d’accordo, ovvero quando un pallone prende a rotolare su un rettangolo verde. Considerando la storia delle due nazioni, che si è incontrata e sovrapposta numerose volte negli ultimi due secoli, lo scontro calcistico ha rappresentato al meglio differenze e punti di contatto. Nel mondo del calcio apparivano distantissime tra loro, sul piano sportivo, la Nazionale e la Nationalmannschaft. Diciamocelo, siamo il loro incubo e ci piace, anche se negli ultimi anni la bilancia della qualità si è spostata parecchio a favore dei tedeschi, fino al capitombolo del giugno scorso. Non sarà mai una partita banale, come diceva Wolfgang Niersbach, ex presidente della Dfb: “contro l’Italia è una competizione per il prestigio e l’onore”. Lo sanno bene i quattro uomini che sono al centro del nostro racconto odierno. Quattro atleti che in egual misura nell’estate del 2006 sono entrati nell’Olimpo sportivo grazie alla vittoria del Mondiale il 9 luglio. Stiamo parlando di Fabio Grosso, Filippo Inzaghi, Fabio Cannavaro e Daniele De Rossi, calciatori la cui parabola parte dall’Olympiastadion e sorvola le alpi fino alla provincia italiana. Uomini che sono la nemesi del popolo tedesco, soprattutto Fabio Grosso, colui che ha sbattuto la porta della finale in faccia alla Germania. Ora a distanza di sedici anni si ritroveranno sulle panchine di una Serie B che sa di Mondiale, in quattro piazze calde del campionato cadetto. Può sembrare poco, ma adesso la vittoria della lega è il loro obiettivo mondiale.

Serie B e nomi Mondiali, gli esperti

Pippo Inzaghi ormai è un allenatore cresciuto, per chi si ricorda dei siparietti con Berlusconi a Milanello nel lontano 2015. La scelta del Milan di far succedere ad Allegri prima Seedorf e poi lui non pagò, la via degli allenatori “fatti in casa” fallì dopo una sola stagione. Inevitabilmente Pippo ne risenti, era agli inizi e sicuramente quello fu un battesimo col fuoco. Sta fermo un anno, poi l’esperienza a Venezia, l’occasione (mancata) a Bologna e finalmente la quadratura del cerchio a Benevento, dove vince la Serie B con un corollario di record. Ora, dopo un anno tribolato a Brescia agli ordini del fumantino Massimo Cellino, Pippo sembra essersi trovato di nuovo in un ambiente a sua misura: quello della Reggina e di Reggio Calabria. Qui Pippo conferma come oggi in cadetteria sia uno dei tecnici più in auge. Ha trovato un gruppo pronto, spinto dalla classe sconfinata di Jeremy Menez, nel quale si sono perfettamente integrati conoscenze della Serie A come Hernani e Gagliolo. Ad oggi è un punto dietro la Ternana, ha perso la leadership, ma entrando al Granillo questa stagione si respira quasi aria da A, sta ora a Pippo gestire un gruppo squadra che ha già dimostrato – per esempio con il 3 a 0 al Palermo, dominando – di poter lottare contro ogni avversario. Augurandosi che con un pallone decisivo che scotta tra i piedi, i suoi siano meno egoisti di quello che fu lui con Barone, nonostante l’esito che ne scaturì. Appaiato a 18 punti con Pippo ci sono Fabio Grosso e il suo Frosinone. Il rigorista decisivo della finale alla Francia (caso curioso, l’ultimo rigore da lui tirato prima di quello passato alla storia fu in Prato-Chieti 1 a 1, in Serie C1) allena i ciociari da fine 2021, quando aveva rilevato Alessandro Nesta. Similmente a Pippo, anche lui non ebbe un’iniziazione semplice: sia a Bari che a Verona gli chiesero di fare il salto; non ci riuscì, ma i risultati gli valsero la chiamata di Cellino in serie A l’anno successivo – di nuovo un punto di contatto con Pippo – dove durò solo tre partite, tastando il bipolarismo del patron. Dopo aver espatriato allenando il Sion e raccogliendo un esonero in terra elvetica, eccola la chiamata che cambia le prospettive, quella del presidente Stirpe. Gli viene chiesto di risollevare il Frosinone da una pericolosa posizione di limbo tra playoff e playout, vista la cortissima classifica della B. Il primo anno salva la squadra senza patemi, l’anno dopo conosce l’amarezza dell’estromissione dai playoff ad opera del Perugia – per differenza reti – mentre questa stagione sembra essere iniziata sotto una buona stella. Al contrario delle altre “favorite” il Frosinone ha mutato molto, ringiovanendosi, senza puntare su nomi altisonanti. La squadra appare ben rodata e collaudata; con il 4-3-3, ove lo si sviluppi bene, i risultati non faticano ad arrivare, soprattutto al terzo anno consecutivo di lavoro. Si prospetta già una lotta senza esclusione di colpi al vertice, Pippo e la Reggina permettendo.

Serie B e nomi Mondiali, gli ultimi arrivati

Sono stati due capitani, ancora prima due condottieri, sempre pronti al contrasto duro e al tackle sporco. Tecnicamente non stiamo parlando di dei fenomeni, ma nella loro carriera non hanno mai lesinato quella qualità insita, che sai di avere dalla nascita: la leadership. Nonostante sia ancora presto per esprimerci, possiamo stare certi che sul palcoscenico della Serie B si faranno conoscere e apprezzare, non inizialmente per le tattiche, quanto per il polso che hanno dimostrato sovente di avere. Per chi non avesse ancora capito, stiamo parlando di Cannavaro e De Rossi; la stella del primo conosce la massima luce proprio quando quella del secondo inizia ad appicciarsi, al mondiale del 2006. Ora per un segno del destino firmano il loro primo contratto da allenatore in Italia, il primo a Nord, il secondo al Sud, in due città “regali” per la storia italiana come Ferrara e Benevento. Fabio – dopo aver ronzato intorno alla FIGC i concitati giorni post delusione mondiale – firma per la “strega” succedendo a Fabio Caserta, con la squadra a ridosso dei playout. Ha un compito non semplice, deve – non serve ribadirlo – salvare agevolmente la squadra e affacciarsi ai piani alti, al fine di programmare il lavoro che verrà, in una piazza che ormai non può accontentarsi della cadetteria. Dopo due pareggi, l’uscita contro la Ternana capolista ha evidenziato il suo buon lavoro sul piano della proposta offensiva, con i campani che comandavano il gioco con un possesso ragionato e mai sterile, che portava spesso alla conclusione; una buona prestazione fino all’intervallo, salvo poi veder riaffiorare il carattere pauroso in fase difensiva che ha permesso agli umbri il ribaltone. Dovrà lavorare su questo, essendo lui un Ministro della Difesa investito dal Pallone d’Oro, ma la classifica fa paura. Tra gli altri compiti quello di rivitalizzare un bomber come Simy, che potrà essere utilissimo nei momenti più delicati, e soprattutto dovrà lavorare sul carattere, qualità che ha sempre dimostrato di avere. La Serie B non è la Super League cinese, Benevento non è Guangzhou, Fabio dovrà imparare le dinamiche del “vero” calcio, allenandosi a nuove esperienze e nuove dinamiche. Daniele De Rossi – il gladiatore, capitan futuro, DDR – è arrivato a Ferrara una settimana dopo sostituendo Venturato. Subito scuote l’ambiente, provoca un esodo dei tifosi a Cittadella per la prima uscita. Erano mesi che le più distanti panchine erano accostate al campione giallorosso. Lui stesso non ha mai nascosto di essere impaziente di iniziare, dopo l’avventura da assistente in Nazionale, per questo la chiamata della SPAL è stata indeclinabile. La graduatoria non gli sorride, è solo un punticino sopra l’amico Fabio, più o meno con lo stesso obiettivo. In rosa ha delle personalità importanti per la cadetteria, come La Mantia, Zuculini. Inoltre ha Esposito, già Nazionale, in cui magari rivede quel giovane biondo che nel 2006 si prese il mondo. Per la prima uscita sistema la squadra con un 3-5-2 che spesso si trasforma in un 5-3-2 molto roccioso, e il risultato è un noioso 0 a 0. Difatti l’attrazione principale è la sua elettricità in panchina; si sbraccia, accompagna i tiri degli avversari con la sua mimica corporale, chiama sempre in causa arbitro e quarto uomo. Non molto diverso dal Daniele giocatore. Una cosa i suoi hanno messo in campo, la grinta e la determinazione del loro tecnico; certo, per sgrezzare gli aspetti tecnico-tattici dovrà lavorare, ma sembra partito con buona convinzione, magari sognando, tra qualche anno, di sedersi nel nuovo stadio della Roma a Pietralata, con giacca e – ovviamente – le sue inseparabili sneakers. Ecco chi sono i fantastici quattro, non stupiamoci dunque se a fine stagione in una delle piazze della provincia italiana dovesse soffiare aria berlinese.